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Tradizioni regionali
Ricette di Carnevale

Tradizioni regionali

Esistono delle tradizioni condivise per quanto riguarda la celebrazione del Carnevale: maschere, scherzi, dolci e tanta goliardia, mentre esistono alcune piccole differenze da regione a regione per quanto riguarda l’interpretazione di alcune tradizioni e i loro appellativi.

Dell'usanza di bruciare, squartare, annegare o comunque di sacrificare un personaggio umano al termine del carnevale, si trovano tracce in parecchie regioni d'Italia ed in altre di Francia e Spagna: tale usanza dovrebbe perciò essere di origine latina. In Italia, a seconda delle regioni, al termine del Carnevale, il martedì grasso, si brucia un fantoccio che può assumere le sembianze di una Vecchia, del Re Carnevale o altro.

Bruciare solennemente questo pupazzo significa distruggere definitivamente la stagione invernale, segnando l'arrivo della primavera con la rinascita della natura e della vita stessa. Questo periodo coincide infatti con il tempo di tregua nei lavori stagionali della campagna. Spazio temporale ludico, interpretato con il ribaltamento dei ruoli del quotidiano, del proprio “status” esistenziale, dell’eterna subalternità. Nel Carnevale sono confluiti i riti agrari di purificazione e propiziazione, propri del mondo pagano, connessi con le feste che segnano l’inizio di un ciclo agricolo e quindi stagionale, ispirati al bisogno naturale di rinnovarsi, mediante l’espulsione del male: per questo l’atto di bruciare rimane comune pur nelle diversità locali.

In Sardegna per esempio il Carnevale culmina con la distruzione del fantoccio come auspicio di tempi migliori. Un fantoccio che da una località all’altra prende nomi diversi, spesso etimologicamente non identificabili: dal Cancioffàli di Cagliari al Ghjòlglju di Tempio, da Zizzaròne di Gavoi, a Zorzi conchi-tortu di Silanus e tanti altri. Per lo più finiscono al rogo, ma non mancano i casi di annegamento, defenestrazione, decapitazione, impiccagione ed altre morti ingloriose.

In Calabria, durante questa festa è usanza bruciare il Re Carnevale, richiamando l’antico rito agrario e di rinnovamento dell’antica Roma, che prevedeva di eleggere fra gli schiavi il re dei Saturnali che poi veniva sacrificato, come simbolo di un passato carico di colpe da eliminare. La tradizione di bruciare il Re Carnevale è viva anche in alcune zone del Lazio e della Toscana.

Nelle regioni di Veneto e Lombardia è invece usanza bruciare la vecchia (vecia), una signora anziana e brutta che ha quasi le sembianze di una strega, probabilmente questa variante ha influenze cristiane risalenti al periodo della “caccia alle streghe”.

Un’altra tradizione legata al Carnevale che cambia il nome da regione a regione (ma non la sua sostanza) è quella di mangiare le chiacchiere. Queste sono dei dolci tradizionali che hanno la forma di una striscia, talvolta manipolata a formare un nodo (in alcune zone prendono infatti il nome di fiocchetti), sono fatte con un impasto di farina che viene fritto o cotto al forno e successivamente spolverato di zucchero a velo.

Le chiacchiere sono conosciute con nomi differenti nelle diverse regioni italiane:

bugie (Genova, Torino, Imperia), italianizzazione del ligure böxie
cenci o crogetti (Toscana)
cioffe (Sulmona, centro Abruzzo)
chiacchiere (Sicilia, Campania, Lazio, Sardegna, Umbria, Puglia, Calabria e a Milano)
cròstoli (Ferrara, Veneto, Trentino, Friuli, Venezia Giulia)
fiocchetti (Montefeltro e Rimini)
frappe (Roma)
galàni (Venezia, Verona, Padova)
intrigoni (Reggio Emilia)
rosoni o sfrappole (Parma, Modena, Bologna, Romagna)
sfrappe (Marche)
sprelle (Piacenza)

e ancora stracci, lasagne, lattughe, pampuglie, manzole.

Possono anche essere coperte da miele, cioccolato e/o zucchero a velo, innaffiate con alchermes o servite con il sanguinaccio o con mascarpone montato e zuccherato.

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